2 luglio 2014

The Passion Fruit

Lasciarsi guidare dalle passioni è un bene oppure è un male?
Questo corpo, il nostro, una macchina perfetta, come la vedete se fosse comandata da una forza veemente, impetuosa, febbricitante che inibisce i pensieri e ci rende passeggeri, stranieri in terra nostra.
Mi sono immaginato in due distinte situazioni. La prima, appunto, in balia di questa "agitazione", l'altra invece attento, alle circostanze, alle emozioni, ai segni.

Buona Lettura!!!




Esco dall'uffico ed è lì davanti che mi aspetta, la macchina bianca, il taxi. La comodità di lasciarsi andare, liberare la mente, fare quello che si vuole mentre qualcuno pensa a portarti in giro. "Per favore mi accompagni a casa". Il conducente avvia il motore mentre mi accomodo dietro, vedo a malapena la strada, ma a che serve? Indosso gli auricolari e mi rilasso mentre la tassista imposta la via sul navigatore, non è poi così lontana. Il mio ipod shuffle si scarica sul più bello, Sergio Cammariere ha smesso di cantare. Così mi accorgo, "Dove mi sta portando, la strada non è la solita", "La sto accompagnando a casa signore, ma prima ho pensato che le andasse di sgranchirsi le gambe con una partita a calcetto", "Oh che bell'idea, sì certo la partita a calcetto, mi piace molto, ho sempre voluto fare il calciatore da piccolo, lo sà?". Una, due, tre ore, chissà quanto tempo sarà passato ma che importa, c'è luce e il taxi mi ha aspettato così salgo e senza dire una parola la macchina si avvia, io riposo gli occhi solo per un momento ma, una svolta inaspettata mi carica di adrenalina, dal campo a casa mia è tutta dritta la strada, dove mi starà conducendo questa volta? Anticipa la mia domanda, "Ho pensato che le andrebbe di fare un salto in libreria e magari entrare nella saletta riservata agli scrittori per buttare giù qualche appunto", "Oh ma sicuro, fantastico, la scrittura sì, ho sempre desiderato fare lo scrittore, sa che Lei comincia a piacermi?". Corre la lancetta mentre sono rintanato tra quattro mura, vola la mente chissà dove e la mano, a camminare sul foglio, sembra tenere il passo. Non mi capacito del tempo che mangia la strada, esco e sta rabbuiando ma non sono preoccupato per il ritardo, del resto sto facendo quello che più mi piace. Il taxi è proprio dove mi aveva lasciato così apro la portiera, mi sistemo e chiudo gli occhi mentre la frizione ingrana le marce. "Signore, siamo arrivati". Senza aver riposato riapro gli occhi e stupito mi domando come facesse a saperlo, quella signora che guida un taxi bianco mi conosce meglio di chiunque altro. "Un tapis roulant". Ora posso correre e sciogliere un corpo annodato da posizioni sbagliate, spalle contratte da carichi sopra le mie forze, inganno le sofferenze di una mente confusa, mi basta correre e il resto perde di significato. Finisco che è buio pesto, stremato entro nel taxi che finalmente arriva a casa, la mia casa, la casa che ho trascurato. Il viaggio mi è costato uno sproposito e mi ritrovo senza forze. Vado a letto e crollo.

Crollo e sogno...

Sogno che esco da lavoro. La tassista mi chiama, ampi cenni con la mano. La scanso. Non guiderà Lei questa volta. Cammino, verso casa. Balconi pieni di fiori colorati, gelsomini inebrianti saturano l'aria con il loro profumo, gatti fanno le fusa, ragazzi giocano a pallone. Mi fermo e insegno loro la finta che mi ha reso celebre sui campi di calcio della lombardia. L'albero con una mela appesa, la colgo, la mangio. Il pittore immortala il paesaggio, il fotografo immortala il pittore che immortala il paesaggio. Due piccioni si contendono briciole di pane. La ragazza a braccetto di una signora, forse la madre, mentre la accompagna a fare la spesa. Il ragazzo con la figlia in braccio che lacrima per il ginocchio sbucciato, la rassicura che andrà tutto bene. Mi siedo su di una panchina. Leggo. Scrivo due appunti, una frase ad effetto che mi servirà domani nell'incontro con il cliente. Avrà successo. Sta facendo buio ma non mi preoccupo, la camminata dona energia. Dal negozio all'angolo sento una canzone. Sergio Cammariere è tornato a cantare. Aspetto l'epilogo della cantata prima di riprendere il cammino. Comincia a piovere e sono senza ombrello, nessun venditore ambulante in zona. Dovrei ripararmi ma le gambe mi guidano in mezzo allo scroscio d'acqua, che ora scende sferzante dal cielo annerito da nuvoloni carichi di elettricità. Un'ombrello si apre sopra la mia testa.
"Ti pare il caso di andartene in giro nel bel mezzo di un nubifragio senza neanche coprirti la testa?"
"Chi ti ha detto che abbia bisogno di ripararmi?"
"Lo dico io che ti ho visto e sono venuta a coprirti"
"Allora dico grazie alla pioggia che mi ha bagnato, perchè ti ha condotto qui da me"
"Non la pioggia ma la mia generosità"
"La tua generosità o la pioggia ora non ha importanza, ci siamo trovati, solo questo conta"
"Ora conta che io ho un ombrello grande e tu neanche uno"
"Tu mi stai riparando, ci stiamo riparando, si incontrano sempre le persone che dobbiamo incontrare"
"Si incontrano sempre le persone che vogliamo incontrare"
"Quindi volevi incontrarmi?"
"Quindi volevamo incontrarci" 
"E' la prima volta che mi sento al sicuro in mezzo alla strada nel pieno di un nubifragio"
"Perchè ti senti al sicuro?"
"Mi stai riparando con il tuo buffo ombrello rosso a forma di cuore e questo mi basta"
"Fammi capire, sto girando nuda mentre diluvia e tu ti sei accorto solamente del mio ombrello rosso a forma di cuore?"
"Ognuno si accorge solo di quello che lo salva dalla pioggia".

Nessun commento:

Posta un commento

Libera la mente